Come demonizzare un Dio

L’antico culto della Dea Madre e del Dio Toro ha lasciato un retaggio così forte da impensierire, e non poco, le successive religioni monoteiste. Infatti si è cercato in tutti i modi di distruggerne la memoria o, più semplicemente, di demonizzare la figura dei vetusti protagonisti, con una metodica che oggi definiremmo ‘pura diffamazione’.

Vediamo ad esempio come il povero Dio Toro sia stato maltrattato dall’Antico Testamento, il testo sacro per eccellenza per Cristiani ed Ebrei (e in parte anche per i Musulmani).

 

Testo tratto dal libro’Misteri di un antichissimo culto – la Dea e il Toro’

Il Dio Baal, sebbene sconosciuto ai più, è stato uno dei più potenti dei del mondo antico. Le sue origini vengono fatte risalire al popolo fenicio, del quale era la maggiore divinità, ma venne poi utilizzato come divinità principale anche in molti altri pantheon tra cui quello greco-romano (Crono-Saturno, padre-divoratore degli Dei).

Negli ultimi anni, detto tra noi, è ‘pericoloso’ utilizzare il termine fenicio: alcuni pensano non siano nemmeno esistiti, altri li identificano con i Popoli del Mare; in ogni caso la divinità in questione aveva grande appeal a partire dal Medio Oriente siriano (esistono scritti ugaritici su Baal), passando dalle terre di Canaan sino all’Egitto e in tutto il Mediterraneo, entrando prepotentemente nei culti di molti popoli e lasciando testimonianze incredibili come il sito di Baalbeck in Libano.

Come vedremo nel prossimo paragrafo però, dalla diffusione del monoteismo ebraico prima e quello cristiano dopo, la figura di Baal, da estremamente importante, è divenuta simbolo del paganesimo, ovviamente in senso negativo e addirittura spregiativo, sino ad essere identificato come demone malefico e terribile!

Ovviamente la sua rappresentazione tipica è o con corna taurine o addirittura come un antropomorfo mezzo uomo mezzo toro, una sorta di Minotauro infernale pronto a trascinare le anime dei suoi adoratori verso l’inferno.

Lo stesso è accaduto per Moloch, altra antichissima divinità dall’aspetto di Minotauro, spesso associata allo stesso Baal, il quale nella Bibbia viene accusato di pretendere il sacrificio dei bambini primogeniti.

Insomma, il povero Toro, come già accaduto per il Serpente, viene ridotto a un essere da evitare come la peste: evidentemente la forza del suo antico culto spaventava davvero.

Interessante notare come a partire dalla fine dell’800 la mitologia legata a Moloch-Baal sia tornata prepotentemente di moda ispirando opere Liberty-Deco, film, scritti e anche società massoniche come la Bohemian Club, che però ha trasformato Moloch in un enorme gufo, tutt’oggi venerato nel bosco Bohemian Grove nei pressi di Monte Rio in California.

Indagare per credere …

Come visto poco fa nel Vecchio Testamento l’immagine del toro è spesso associata a demoni pagani dai quali tenersi alla larga. A ben vedere però anche la figura di Yahweh non appare sempre così buona e amorevole. È infatti un Dio innegabilmente guerriero, spesso irascibile, crudele e disposto anche a eccidi di massa pur di portare avanti il suo progetto strettamente legato alla popolazione ebraica.

Gli stessi Ebrei non sempre se la passavano bene con gli sfoghi del loro Dio: ricordate il passo dell’Esodo ove Mosè sale sul monte a ricevere le tavole con le leggi? Al suo rientro, trova gli Ebrei in adorazione nei confronti di un, guarda caso Vitello-Toro d’oro, costruito su esplicita richiesta da parte del popolo al fratello Aronne.

Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione». (Es 32:9-10)

Mosè dovette non poco faticare per calmare Yahweh che era pronto a massacrare il suo popolo, accusato di tradimento o meglio, diremmo oggi, di paganesimo.

Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande forza e con mano potente? (…) Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo (…)

Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo. (Es 32:11-14)

Per poi cambiare clamorosamente idea il giorno dopo …

Il giorno dopo Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa».

Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato… E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!».

Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato».

Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne. (Es 32:30-35)

Yahweh era così arrabbiato perché aveva ‘beccato’ il suo popolo mentre adorava un’antica divinità una volta potentissima e potenzialmente ancora pericolosa? Temeva che il popolo che egli voleva condurre verso la Terra Promessa, suo fedele servitore, tornasse a venerare l’antico Dio Toro?

Del resto li definisce ‘popolo dalla dura cervice’ come dire, questi ‘testoni’ di Ebrei sono ancora intenti ad adorare il Toro?

In effetti il Dio Baal compare nella Bibbia addirittura 63 volte, oltre il quadruplo rispetto ai passi nei quali si parla della Vergine Maria.

Si nota una insistenza davvero forte da parte degli Ebrei nel fare marcia indietro tornando ad adorare il dio pagano (ad esempio in Giu 2:11-13; Giu 3:7; Giu 8:33 e in molti altri ancora)

Anche il profeta Elia è perplesso dal fatto che il popolo eletto non riesca a scegliere tra Yahweh e Baal,

Allora Elia si avvicinò a tutto il popolo, e disse: «Fino a quando zoppicherete dai due lati? Se il SIGNORE è Dio, seguitelo; se invece lo è Baal, seguite lui». Il popolo non gli rispose nulla. (1Re 18:21)

e si trova in difficoltà di fronte al numero di ‘concorrenti’

Allora Elia disse al popolo: «Sono rimasto io solo dei profeti del SIGNORE, mentre i profeti di Baal sono in quattrocentocinquanta. (1Re 18:22)

Quindi decide di fare piazza pulita

Elia disse loro: «Prendete i profeti di Baal; neppure uno ne scampi!» Quelli li presero, ed Elia li fece scendere al torrente Chison, e laggiù li sgozzò. (1Re 18:40)

Il buon profeta Elia, molto democraticamente, decide di massacrare sgozzandoli, tutti i profeti di Baal … questo povero Dio Toro era così temuto?

 

I solchi di carro (cart ruts) sardi

Quando si parla dei misteriosi ‘cart ruts’, ossia segni nella roccia che sembrerebbero solchi lasciati dalle ruote di un carro, generalmente ci si riferisce all’isola di Malta e nella fattispecie al cosí nominato ‘Clapman Junction’.

In effetti l’arcipelago maltese restituisce diversi siti ove sono presenti questi enigmatici segni, e il Clapman Junction ne è l’esempio più lampante: qua sono infatti presenti moltissimi binari che si intersecano come in uno snodo ferroviario, da cui il nome.

Per dettagli sui cart ruts maltesi si veda:

https://ladeaeiltoro.wordpress.com/malta/gli-enigmatici-cart-ruts-solchi-di-carro/

Il fatto è che Malta non è l’unica isola che presenta i solchi di carro.

Ho visitato personalmente il sito di Su Crocifissu Mannu, a pochi km da Porto Torres, e quanto ho visto ha dell’incredibile; è presente una vasta necropoli ricca di domus de janas, e sopra di esse moltissimi cart ruts.01La complessità di alcuni incroci è ben evidenziata dalla seguente immagine, che ricorda proprio uno snodo ferroviario.05La roccia nella quale sono state scavate le domus e i solchi è tenera, calcarea, e diverse domus hanno il soffitto crollato, rendendole ben in vista ed evidenziando come molti solchi fossero stati scavati proprio sopra le tombe.02Possiamo avere un’idea di quanto vasto sia il sito e di quanti binari siano presenti grazie alle immagini satellitari.03.jpgMolti solchi sono coperti dalla vegetazione ma si intuisce che siano decine e decine, e che i solchi siano orientati in media secondo un asse NO-SE.

Generalmente in merito a questi enigmatici segni nella roccia si parla di ‘strada romana’; tale teoria è a mio avviso assolutamente errata, e le prove contro sono riassumibili in:

  1. i Romani, grandi ingegneri ed architetti, non avrebbero mai costruito una strada sopra dei sepolcri (ricordiamo come le tombe, che fossero a pozzetto o a dromos, presentavano ingressi ben visibili) sapendo dei rischi di crollo, come ben evidente nella foto sopra. Sono anzi convinto che all’epoca romana molti soffitti fossero già crollati;
  2. le strade romane avevano ben altro aspetto e struttura;
  3. la presenza contemporanea di sepolcri ipogeici e solchi di carro e tutte le altre analogie con Malta e la sua antica cultura fa pensare ad un periodo ben antecedente quello romano.

I solchi di carro sono stati realizzati dalla civiltà sarda, responsabile dell’edificazione delle domus della necropoli e del vicino Monte d’Accoddi, l’unica piramide tronca-ziqqurat di tutto il Mediterraneo neolitico; la zona era inevitabilmente sacra e carica di valore e importanza.

Perchè tale opera?

Le teorie sono vaghe e deboli: si parla in genere di piste battute e ribattute che sul tenero calcare avrebbero nel corso dei secoli creato questi solchi.

Il problema è che, se coerentemente con l’epoca maltese (si veda l’articolo già citato) i binari potrebbero essere antecedenti l’invenzione della ruota.

Ma anche se il periodo fosse coerente risulta difficile pensare alla creazione di così tanti binari; non ne bastava uno? O al massimo 2, 3?

Inoltre la distanza tra i binari paralleli non è sempre la stessa; i carri dell’epoca avevano un ‘assetto variabile’???

Purtroppo è difficile dare una spiegazione a questo insolito manufatto; forse un’attenta indagine circa i punti di partenza e di arrivo dei binari potrebbero aiutarci a chiarire il mistero.

Nel frattempo ci rimane questo dubbio affascinante ancora una volta legato all’incredibile storia della Sardegna.

solchi di carro sardegna
L’autore in mezzo ai binari: notare le dimensioni

La Sardegna restituisce l’anello mancante tra Dea Madre e Dio Toro?

NOTA: ci tengo, prima di ogni cosa, a ringraziare l’associazione ARCHEOURI VAGANDO, che da sempre mi fornisce preziosissimi aiuti e senza il cui supporto questo articolo non sarebbe mai nato.

Il termine anello mancante (missing link in inglese) è nato nel XIX secolo quando conobbero grande sviluppo le teorie evoluzionistiche, in primis quella di Charles Darwin.

In quel caso specifico si riferiva alla ritrovamento, che mancava e tuttora manca,  di un fossile intermedio tra i primati meno evoluti e l’Homo Sapiens.

Il termine ha poi conosciuto diffusione anche in altri ambiti, diventando di uso comune.

Nell’analisi del culto doppio che si è sviluppato in pieno neolitico in tutto il bacino del Mediterraneo, io stesso ho cercato l’anello mancante, la prova del legame fortissimo che univa la Dea Madre al Dio Toro, almeno dal punto di vista simbolico.

Se infatti erano numerosissime le testimonianze (statue, alto e basso-rilievi, affreschi, forma della piante delle tombe e templi, ecc) che provavano l’esistenza del culto legato sia alla Dea Madre che del Dio Toro, mancava un quid che li legasse in maniera definitiva.

Pensavo di aver trovato tale prova negli enigmatici affreschi rinvenuti nel sito anatolico di Çatalhöyük, riportati nelle relazioni dell’allora archeologo inglese James Mellaart, e che avevano ispirato anche i lavori di eminenti studiosi come l’archeologa Marija Gimbutas.

L’anello mancante era dato dal presunto dipinto ritrovato nel Tempio A.III/11.

tempio-catal

Sono riconoscibili le sagome di ben 7 dee, e presentano forme che immediatamente rimandano alle piante dei templi maltesi: la testa ‘trilobata’ delle dee centrali è addirittura identica all’ultima stanza del tempio di Tarxien.

Ma l’aspetto che più intrigava di tale immagine è che nelle dee raffigurate nella fila centrale sono ben evidenziati sia la forma del feto (in quella centrale e in quella sotto) sia il triangolo pubico e gli apparati riproduttivi (in tutte e tre), con tanto di utero, ovaie e tube di falloppio

L’immagine è relativa però alla ricostruzione della parete, effettuata proprio da Mellaart.

Era quindi opportuno, per verificare la sia pur autorevole fonte, avere una immagine originale della parete stessa: e qua iniziavano i problemi …

Non esiste nessuna immagine originale della parete dalla quale poi Mellaart avrebbe effettuato la celebre ricostruzione!

Ho contattato il sito ufficiale relativo agli scavi, ancora in atto, ma non ho ottenuto nessuna risposta se non quella di consultare gli archivi on line, nei quali ovviamente non si trova la famigerata immagine.

Sono anche capitato in un articolo scritto da Marla Mallet, una studiosa di simboli, archetipi e decorazioni antiche, che screditava senza ombra di dubbio il lavoro effettuato da Mellaart.

Qua trovate l’articolo:

http://www.marlamallett.com/chupdate.htm

Ebbene ho contattato direttamente Marla che  ha confermato la truffa di Mellaart ai danni di tutto il mondo accademico, e le l’immagine era senza dubbio inventata di sana pianta.

In effetti l’archeologo era stato al centro di diversi scandali legati ai suoi lavori che addirittura gli avevano inibito l’accesso in Turchia.

Perchè tutto questo? Forse proprio perchè Mellaart, che aveva studiato il culto della Dea Madre, e i vari ritrovamenti effettuati in tutto il Mediterraneo, voleva proprio ‘creare’ la prova del legame tra le divinità del culto antico, un po’ come era stato fatto per il missing link darwiniano, creando ad hoc uno scheletro di ominide usando parti di umano e di orango tango, nell’anno 1912.

A questo punto cosa poteva subentrare: sconforto? Assolutamente no …

Il legame tra la Dea Madre e il Dio Toro esiste in ogni caso e può essere riassunto con una sequenza logica di questo tipo:

La Dea Madre è la padrona assoluta del Pantheon del culto antico;

La sua capacità divina di procreare, replicando in terra il miracolo della Creazione, le da questo privilegio ;

Il fulcro di tale prerogativa, ossia l’apparato riproduttivo, è del tutto somigliante alla testa di un toro;

Il toro è allo stesso tempo simbolo di virilità, oltre che di grande aiuto per il lavoro nei campi;

Questo rende il toro divino, e lo pone accanto alla Dea.

E così nasce il simbolo della protome taurina, presente in maniera ossessiva in molti siti neolitici, specie in Sardegna dove l’ipogeismo ha prosperato e sono numerosissime le testimonianze.

Ma, se proprio si ha la necessità di avere un missing link, ancora la Sardegna ci da una preziosa mano.

Osservate questo bassorilievo rinvenuto in una domus de janas nella necropoli di Mesu e Montes, nei pressi di Ossi (SS).

mesu_01

Da sempre questo bassorilievo è considerato enigmatico e di difficile spiegazione.

Ricorda le protomi taurine viste in molte altre domus, ma differisce dai canoni standard, specie per le due ‘colonnine’ laterali.

La personale ipotesi è la seguente.

La figura ricorda una M con al centro un grosso triangolo.

Il triangolo rappresenta il pube/grembo della madre.

Le ‘colonnine’ laterali sono le gambe della Dea.

È la stilizzazione di una donna pronta a partorire.

Questo tipo di immagine potrebbe anche essere legato al simbolo che in seguito darà origine alla lettera ‘M’ iniziale di Madre in praticamente tutte le lingue d’Europa/Mediterraneo

Possiamo quindi considerare questo incredibile bassorilievo l’anello mancante tra la Dea Madre, immortalata nell’atto di dare la vita, e la protome taurina, simbolo del Dio Toro.

Bibbia, Donne, Serpenti

Non è una Bibbia per donne

Tratto dal libro “Misteri di un antichissimo culto – La Dea e il Toro”

Il Vecchio Testamento della Bibbia è davvero un luogo pericoloso per le donne, sin dall’inizio.

Nel primo libro, la Genesi, Dio-Yahweh (useremo i due appellativi in maniera intercambiabile) crea il primo essere umano, ovviamente di sesso maschile, Adamo, e gli dona il luogo ideale nel quale vivere, l’Eden. Poi decide di concedergli un po’ di compagnia creando gli animali e la Donna (in ordine un po’ confuso come vedremo tra poco), decisione che però porta a conseguenze tremende. Sebbene infatti Dio ordina ad Adamo di non cibarsi dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, sito in mezzo all’Eden, Eva, su consiglio di un essere definito astuto, trasgredisce al comando.

Prima di approfondire il rapporto Donna/Serpente dobbiamo aprire una parentesi interessante e curiosa.

Errori biblici

Nella descrizione dell’Eden, la Bibbia si sofferma su due alberi in particolare, precisando che uno dei due, l’albero della vita, si trova in mezzo all’Eden stesso:

Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male (Gen 2:9)

Dio stesso precisa poi che Adamo non deve cibarsi dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male:

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». (Gen 2:16,17)

Eva, tentata dal serpente, risponde con parole che confondono:

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». (Gen 3:1-3)

Eva parla dell’albero in mezzo al giardino, quindi l’albero della vita, che NON è quello vietato da Dio! Il serpente precisa:

Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza (Gen 3:5-7)

Il serpente alla fine dice la verità: i due, cibatisi del frutto, non muoiono come invece aveva sostenuto, mentendo, Dio. Inoltre precisa loro che questa ‘trasgressione’ avrebbe aperto loro gli occhi e la donna trova il frutto desiderabile per acquistare saggezza. Tutti segnali positivi legati alla conoscenza.

Curiosa è inoltre la sequenza temporale degli eventi della creazione:

  • Dio crea gli esseri viventi del cielo e del mare il quinto giorno (Gen 1:20,21)
  • Il sesto giorno prima crea gli animali della terra, e poi l’uomo (Gen 1:24-26)
  • Nel secondo libro però prima crea l’uomo e lo mette nell’Eden (Gen 2:8) e poi crea gli animali della terra per fargli compagnia e infine crea la donna (Gen 2:22)

Chi è venuto prima, l’uovo o la gallina?

Altri problemi derivano dal passo:

Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra (Gen 1:28)

Quindi Yahweh invita le sue due creature principali a riprodursi: ma i due non paiono consci di questa ‘capacità’. Anzi sembra che prendano coscienza della possibilità di procreare dopo il suggerimento del serpente; infatti subito dopo coprono i rispettivi apparati genitali, unici in grado di permettere l’accoppiamento.

Quanta confusione! E siamo solo all’inizio del Libro dei Libri!

Questo dovrebbe far capire che, come molti ritengono, più che scritto da Mosè, il Pentateuco (ossia i primi 5 libri del Vecchio Testamento) siano un insieme di testi di vari autori ricomposti e riadattati durante i concili di epoca tardo romana.

E redatta da persone estremamente maschiliste …

Non è una bibbia per serpenti

Tornando all’episodio di Eva che mangia il frutto proibito, la sua azione comporta la maledizione dell’essere umano e la condanna alla donna ad esser dominata dall’uomo e a generare la vita tra atroci sofferenze:

Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te». (Gen 3:16)

Tutto questo è in completa antitesi con quanto professato dal culto della D.M., nel quale la donna era in una posizione di privilegio o perlomeno paritaria e la sua capacità di generare vita era uno dei maggiori motivi di adorazione, non certo di pena e sofferenza.

La maledizione di Dio giustifica quanto poi accaduto nei secoli a danno delle donne ossia sottomissione, soprusi e mancanza di diritti?

Anche al povero serpente non va meglio, e addirittura viene messo contro la donna:

Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3:14,15)

Uno dei simboli più importanti della Dea viene bollato dal libro sacro della religione più diffusa al mondo come malvagio, tentatore, infimo e chi più ne ha più ne metta; e inoltre viene suggerito alla donna di calpestarlo a vista!

Ma il povero rettile merita davvero questo?

Le analisi sulla reale figura del serpente sia in ambito biblico che pagano sono davvero molte e varie: molti studi però identificano l’essere strisciante come strettamente legato alla conoscenza e alla trasmissione della stessa alla razza umana, come del resto già visto e sottolineato in Genesi 3:5,6.

caduceus-30591_1280Cambiando mitologia, il Hermes, come detto già Toth per gli Egizi e in seguito Mercurio per i Romani, aveva in mano il Caduceo, il bastone alato con il doppio serpente attorcigliato, simbolo che oggi vediamo tutti i giorni anche nelle nostre città moderne. Il dio, come già detto in precedenza, era legato alla conoscenza, specie quella tramandata all’uomo.

simbolo-soccorsoAsclepio, il semidio figlio di Apollo (altra divinità legata alla sapienza e alla sua trasmissione all’uomo), aveva in mano il bastone con un serpente attorcigliato, diventato poi simbolo internazionale del Soccorso con mille varianti (spesso confuso con quello di Hermes)

Enki, una delle maggiori divinità sumeriche, ha come simbolo il doppio serpente (simile al Caduceo) ed è spesso raffigurato come ‘fonte di acqua’ (altro simbolo della Dea). Enki crea l’uomo, come il Dio biblico, e cerca di salvarlo dal diluvio che viene mandato dagli altri dei per spazzare via l’uomo dalla faccia della Terra. È quindi ‘amico’ dell’essere umano.

In Mesoamerica il Serpente Piumato Quezacoatl è la divinità maggiore degli Aztechi, anch’esso legato alla conoscenza.

Potremmo proseguire, ma con questi esempi ci limitiamo a osservare come la Bibbia abbia cercato di demonizzare un animale il cui ruolo è sempre stato invece da protagonista positivo in tutte le maggiori culture mondiali, evidenziando il tentativo, non del tutto riuscito per fortuna, di gettare nel più totale oblio il potente culto antico nel quale la divinità era donna (e farà lo stesso con il suo duale maschile come vedremo in seguito).

Nei secoli successivi, ad esempio durante il Medioevo (e ahimè ancora oggi) qualsiasi raffigurazione dell’essere strisciante automaticamente rimandava al peccato originale e al male; in tempi antichi accadeva esattamente il contrario …

Simbologia Doppia: la Dea Madre incorpora il Dio Toro

La nascita del culto doppio Dea Madre-Dio Toro, almeno dal punto di vista simbolico, potrebbe trovare la prima testimonianza nel sito di Çatalhöyük in Anatolia (attuale Turchia).

Scoperto a metà del secolo scorso occupa una superficie molto vasta della quale sono una parte è stata studiata a fondo. A oggi sono stati scoperti ben 18 livelli stratigrafici che vanno dal 7.400 al 5.700 A.C, epoca nella quale la città venne distrutta da un incendio. La città era costituita da un insieme di case disposte in maniera irregolare tanto che, data anche la mancanza di strade ben delineate, si ipotizza che gli abitanti si spostassero camminando sui tetti e accedendovi da terra tramite scale non fisse.

Anche se a livello urbanistico siamo quindi distanti dalle metropoli organizzate di Sumer come Ur e dell’estremo oriente come Moenjo Daro e Harappa, gli scavi hanno portato alla luce molti reperti di indubbia qualità artistica (tra cui la celebre Dea dei Leoni) e dal profondo senso mistico; inoltre, tra le case, sono venuti alla luce molti santuari straordinari. Alcune di queste stanze erano adibite al culo della Dea, con dipinti della stessa davvero incredibili.

Gli scavi principali furono condotti da James Mellaart, che riporto alla luce il celebre dipinto rinvenuto nel tempio A.III/11 e qui ricostruito

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Sono riconoscibili le sagome di ben 7 dee, e presentano forme che immediatamente rimandano alle piante dei templi maltesi: la testa ‘trilobata’ delle dee centrali è addirittura identica all’ultima stanza del tempio di Tarxien, a Malta: ed è difficile pensare a una mera coincidenza.

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Soffermiamoci ora su un altro particolare fondamentale: nelle dee raffigurate nella fila centrale sono ben evidenziati sia la forma del feto (in quella centrale e in quella sotto) sia il triangolo pubico e gli apparati riproduttivi (in tutte e tre), con tanto di utero, ovaie e tube di falloppio.

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Non bisogna stupirsi del fatto che gli antichi avessero simili nozioni anatomiche in quanto era pratica comune la scarnificazione dei deceduti (come rilevato sui resti ossei), che implicava la possibilità di vedere l’interno dei corpi. A conferma di ciò vi è la presenza in tutto il sito di immagini di avvoltoi, la cui tipica azione è quella di nutrirsi di carcasse, e che quindi erano gli animali addetti a tale operazione.

Gli avvoltoi, pur essendo in natura di colore scuro, nero, sulle pareti dei santuari sono dipinti di rosso: ovviamente non è un caso dato in quanto diventarono automaticamente simboli della Dea, suoi preziosi aiutanti nella fase legata al trapasso dell’eterno triplice ciclo NASCITA/MORTE/RINASCITA.

NOTA: nella raffigurazione le tre parti feto-pube-apparato vengono messe una sopra l’altra quasi a sottolineare il fatto che siano 3 parti di una sola unità

L’aspetto invece estremamente intrigante è che la riproduzione dell’apparato è del tutto identica alla rappresentazione schematica della protome taurina che troveremo ripetuto in maniera quasi ossessiva in molti siti sardi.

confronto-toro-apparato

Quindi il legame tra la Dea e il Toro è proprio questo?

Come dice la Gimbutas, il toro altro non è che una raffigurazione della Dea, come il serpente, l’uccello e molti altri animali?

Oppure il toro è il duale della dea, parte fondamentale per la creazione dell’uno dai due?

Menorah, un rimando all’antico simbolo della Triplice Cinta?

Uno dei maggiori simboli della religione ebraica, il candelabro a 7 bracci (la Menorah) potrebbe celare un segreto che rimanda ad una civiltà ancora più antica.

Il candelabro, custodito da millenni nel Tempio sul Monte Moriah, venne trafugato dai Romani durante il saccheggio di Gerusalemme, nel 70 D.C., come attestano sia i resoconti storici (ben dettagliato quello di Giuseppe Flavio), sia il celebre bassorilievo sull’arco di Tito, a Roma.

Sacco di Gerusalemme, rilievo dall'Arco di Tito a Roma
La Menorah trafugata dai Romani durante l’assedio di Gerusalemme (Arco di Tito, Roma)

Il Candelabro, considerato uno dei tesori più sacri, è però scomparso, e da allora non si ha traccia, anche se alcuni ipotizzano la sua ultima presenza a Costantinopoli a seguito della caduta di Roma. Altri suppongono che quella trafugata dai Romani fosse in realtà una copia, e che l’originale si trovi ancora in Israele.

Le istruzioni per la sua realizzazione sono enunciate nella Torah ebraica, precisamente nell’Esodo (come nel Vecchio Testamento per i Cristiani).

La sua particolare forma però, parrebbe celare un messaggio ben più antico.

Basta infatti ribaltarlo rispetto ad un asse orizzontale per avere esattamente un simbolo ben più antico, addirittura risalente ad una civiltà identificata con quella atlantidea.

Confronto tra Menorah ebraica, triplice cinta e pianta di Poseidona (Atlantide)
Confronto tra Menorah ebraica, triplice cinta e pianta di Poseidona (Atlantide)

Ricorda infatti, senza nemmeno troppe forzature, la triplice cinta circolare, ossia la schematizzazione della pianta di Poseidona (nella figura sopra, a destra, secondo una ricostruzione), capitale di Atlantide, il mitico regno realizzato da Poseidone e citato da Platone in ben  due celebri dialoghi, il Crizia e il Timeo.

Così scavò tutt’intorno quell’altura in cui la fanciulla abitava, formando come dei cerchi concentrici, alternativamente di mare e di terra, ora più larghi ora meno larghi: due di terra e tre di mare quasi fossero circonferenze con centro nell’isola e da essa perfettamente equidistanti (Crizia 113 D-E)

Forse le precise istruzioni per la realizzazione della menorah nascondevano la necessità di perpetuare un simbolo antichissimo? La Bibbia dice esattamente:

31 «Farai anche un candelabro d’oro puro; il candelabro, il suo piede e il suo tronco saranno lavorati al martello; i suoi calici, i suoi pomi e i suoi fiori saranno tutti di un pezzo col candelabro. 32 Dai lati gli usciranno sei bracci: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall’altro. 33 Sul primo braccio saranno tre calici in forma di mandorla, con un pomo e un fiore; e sul secondo braccio, tre calici a forma di mandorla, con un pomo e un fiore. Lo stesso per i sei bracci uscenti dal candelabro. 34 Nel tronco del candelabro ci saranno poi quattro calici a forma di mandorla, con i loro pomi e i loro fiori. 35 Ci sarà un pomo sotto i due primi bracci che partono dal candelabro; un pomo sotto i due bracci seguenti, e un pomo sotto i due ultimi bracci che partono dal candelabro: così per i sei bracci uscenti dal candelabro. 36 Questi pomi e questi bracci saranno tutti d’un pezzo col candelabro; il tutto sarà d’oro fino lavorato al martello. 37 Farai pure le sue lampade, in numero di sette; le sue lampade si accenderanno in modo che la luce rischiari lo spazio davanti al candelabro. 38 I suoi smoccolatoi e i suoi piattini saranno d’oro puro. 39 Per fare il candelabro con tutti questi suoi utensili si impiegherà un talento d’oro puro. 40 Vedi di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. (Esodo 25: 31-40)

Interessante notare come alla fine si parli di un ‘modello’ che era stato proprio mostrato a Mosè sul monte …

Questo stesso metodo, nascondere simboli in oggetti con altri scopi, è stato ad esempio con il gioco degli scacchi; la base, la scacchiera, è in realtà un antichissimo simbolo che rimanda all’antica dualità Dea Madre-Dio Toro!

Ma questa è un’altra storia …

Madre con Bambino

Siamo abituati, da buoni Cristiani, ad associare l’immagine della Mamma col Bambino alla classica iconografia della Madonna con Gesù. Va però ricordato che tale immagine è la reinterpretazione cristiana di una icona ben più antica, che esiste da quando l’essere umano ha iniziato ad ‘adorare’ delle divinità (o forse addirittura da prima … ).

A tal proposito sono ben esplicative le enigmatiche figure oculari rinvenute in Siria, nella città preistorica di Tell Brak, nell’alta valle del Khabur.

Ne sono state trovate di diverse tipologie, tra cui l’inequivocabile figura di una madre con il proprio figlio.

Idolo Oculare Madre-Figlio
Idolo Oculare Madre-Figlio

Nei secoli-millenni successivi poi, l’iconografia è stata reinterpretata dalle diverse civiltà-culti-religioni, sino ad arrivare ai tempi più recenti con l’iconografia che ben conosciamo.

La seguente immagine mostra una Dea-Lucertola ritrovata in mesopotamia (Al’Ubaid) e risalente a circa 7.000 anni fa, confrontata con la successiva reinterpretazione egizia della Dea Iside con il figlio Horo-Horus, e confrontata infine con l’iconografia cristiana che ben conosciamo.

Confronto tra la Dea-Lucertola di Ubaid, Iside con Horo egiziana e Madonna con Gesù cristiana
Confronto tra la Dea-Lucertola di Ubaid, Iside con Horo egiziana e Madonna con Gesù cristiana

Le speculazioni nate dalla curiosa forma della prima statuina, con fattezze decisamente rettili-forme e dal cranio inequivocabilmente allungato, sono numerose e intriganti …

Origini aliene?

Idolatria legata ai rettili, ma perchè?

Da notare i simboli a triangolo a livello del pube: ricordiamoci che il triangolo pubico è uno dei principali simboli della Dea Madre.

Gli Occhi della Dea …

La simbologia si dimostra da millenni un potente mezzo per diffondere informazioni spesso in maniera celata e ambigua: quello che crediamo essere un messaggio chiaro e preciso può invece indicare tutt’altro.

Altre volte, quelle che potremmo definire come banali decorazioni o espressioni d’arte celano possono essere in realtà potenti simboli millenari.

Un esempio?

Siamo davvero sicuri che lo stile dei capitelli classici detto ‘ionico’ sia semplicemente appunto uno stile architettonico?

E se invece fosse una rappresentazione degli Occhi della Dea?

confronto tra statuetta mesopotamica, doppia spirale in un sito neolitico sardo e capitello ionico
Confronto tra antica statuetta mesopotamica, doppia spirale in un sito neolitico sardo e capitello ionico

 

L’argomento viene ampiamente trattato nel libro “Misteri di un antichissimo culto – La Dea e il Toro”

Le ricette di Elisa: Ftira Maltese

Di tutte le cose, la semplicità è la più difficile da imitare …

ftira

Quando si  inizia a parlare di un luogo bisognerebbe sempre cominciare  dal cibo perché è proprio dalla sua tradizione culinaria e gastronomica che si deducono: il clima, la cultura, la religione, la storia, gli usi e i costumi di un popolo..

Ed è proprio dalla Ftira maltese che voglio raccontare ,di un piatto che non si può chiamare piatto, ma “pasto” perché è il re dello streetfood, sfama e soddisfa qualsiasi palato in ogni momento della giornata a seconda che sia grande media o piccola, la si trova ovunque  e ovunque qui la sanno fare buonissima, mai mediocre, sempre e solo buonissima. E’ una preparazione genuina e completa, il giusto apporto di calorie e nutrienti per appagare il corpo e lo spirito nelle lunghe giornate estive mentre si esplorano queste due piccole gemme del Mediterraneo: Malta e Gozo.

La Ftira maltese non è altro che un panino con gli ingredienti più mediterranei che riusciresti ad immaginare. Non va sminuita nella sua semplicità, ma anzi, bisogna saperla fare!!! E soprattutto utilizzare ingredienti di prima qualità mixati con il giusto equilibrio. Il segreto sta proprio qui …

INGREDIENTI

1 bagel (pane ciambella piccolo) fatto in casa ,ma se non lo troviamo va benissimo una ciabatta purchè sia pane fresco, morbido dentro e croccantissimo fuori.

1 scatoletta piccola di tonno mediterraneo

1 pomodoro che sappia di pomodoro

Cipolla di tropea quanta ne volete

5/6 capperi o fiori di cappero di ottima qualità

5/6 olive denocciolate

Origano QB

Olio EVO

2/3 foglie di basilico

Sale, pepe QB

2 cucchiai di conserva di pomodoro fatta in casa

 

PREPARAZIONE

Partiamo dalla  preparazione del gran mischione mediterraneo: ci servirà una terrina dove versare mano a mano tutti gli ingredienti preparati.

Iniziamo tagliando i pomodori a dadini dopo averli privati di semi e acqua di vegetazione.

Aggiungiamo ora  la cipolla che avremo tagliato finemente.

Uniamo i capperi dissalati, il tonno sbriciolato e le olive.

Olio, sale, pepe, origano e basilico sminuzzato vanno a condire il tutto. (Occhio al sale, ne basta poco dato  che ci sono i capperi!)

Mescolare molto bene, coprire con una pellicola ermeticamente e lasciare riposare almeno mezz’ora a temperatura ambiente, ma non più di due ore altrimenti il basilico e i pomodori perderebbero la loro fragranza.

E’ arrivato il momento di farcire la vostra Ftira!

Tagliate in orizzontale il vostro pane ed eliminate scavando con le dita un po’ di mollica da ciascun emisfero.

“Sporcate” ora le due parti interne del pane  con la passata di pomodoro: devono risultare bagnate, non zuppe!

Riempite ciascuna cavità del vostro pane con il gran mischione e chiudete.

Il tocco dello chef qui è qualcosa che supera tutte le arti culinarie stellate  del pianeta: il profumo del mare e della macchia mediterranea… nient’altro! La Ftira non ha senso se non è avvolta da questi profumi. Godetevela  in riva al mare e mentre mangiate pensate che tutti gli ingredienti provengono da qualche parte lì intorno a voi …

Impagabile!

Elisa Binetti